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Clausola contrattuale: domanda improcedibile se manca la mediazione. 

InMediaLex • 20 aprile 2018

La parte attrice sosteneva che, nonostante la clausola contrattuale, il tentativo di conciliazione era lesivo del diritto alla difesa.

Sempre più spesso il tentativo di conciliazione viene inserito nei contratti come condizione di procedibilità anche per materie non obbligatorie. In questi casi il tentativo di conciliazione deve essere svolto, e non solo come mero passaggio formale. Così ha stabilito il Tribunale, Roma, sez. VIII, sentenza 04/11/2017 n° 20690 in cui il Giudice si espresso nel merito della questione specificando che siamo in un “momento storico della politica giudiziaria che contrassegna l’ordinamento giuridico con sistemi di soluzione alternativa delle controversie”, quindi ogni tentativo di mediazione deve ritenersi valido e legittimo senza per ciò violare il diritto di difesa. Di seguito il testo completo della sentenza.

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE VIII

Sentenza 4 novembre 2017, n. 20690

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico, dott.ssa Massimiliana Battagliese, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado, iscritta al N. 21014 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi per l’anno 2017

TRA

LOTTOMATICA VIDEOLOT RETE S.P.A., domiciliata in Roma, Piazza Enrico Fermi, n. 32, presso l'Avv. Mauro Apostolico, officiato come da procura come in atti

attrice

E

S. A. G., domiciliato in Roma, via……presso l’Avvocato……officiato unitamente all'Avv. Marica Bernardini come da procura in atti

Convenuto

Oggetto: azione risarcitoria per inadempimento contrattuale

Conclusioni: come da atti e verbali di causa

Riservata per la decisione: nell’udienza del 14 luglio 2017, con i termini di legge di cui all’art. 190 c.p.c., ridotti come consentito

SUCCINTE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato, Lottomatica Videolot Rete s.p.a. conveniva in giudizio A. G. S., sia in proprio sia in qualità di titolare di omonima ditta individuale, per chiedere –previo accertameto delle violazioni agli accordi contrattuali assunti, meglio specificati nell’atto introduttivo- la condanna dello stesso al pagamento della somma di euro 30.000,00.

Si costituiva il convenuto contestando integralmente la domanda attorea, ed eccependo, per quanto rileva ai fini della decisione, l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di conciliazione come concordato nel contratto sottoscritto in data 19.05.2014

Il giudice –delibato, con rigetto, le altre istanze preliminari, tratteneva la causa in decisione all'udienza del 14 luglio 2017, concedendo termini abbreviati come indicati nell’art. 190 c.p.c.

Deve essere dichiarata l’improcedibilità della domanda giudiziale per le ragioni di seguito indicate.

Le parti hanno espressamente subordinato l’introduzione della domanda giudiziale al previo esperimento del tentativo di conciliazione, come testualmente si legge nella clausola stipulata al punto 12.2 del contratto, in base alla quale: “Ogni controversia nascente da o collegata al presente Contratto dovrà essere preliminarmente oggetto di un tentativo di conciliazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 in base al Regolamento di Mediazione di ADR Center...”.

Al riguardo è da rilevare l’inefficacia delle osservazioni difensive dell’attrice basate sulla giurisprudenza tutta antecedente, dunque, inidonee alla corretta soluzione da adottare nella fattispecie processuale che ci occupa e che si inserisce in un momento storico della politica giudiziaria che contrassegna l’ordinamento giuridico con sistemi di soluzione alternativa delle controversie (A.D.R., alternative dispute resolution), in cui il patto con cui le parti vincolano il diritto di agire in giudizio al previo esperimento del tentativo di conciliazione, attraverso lo strumento della mediazione, deve ritenersi valido e legittimo senza per ciò violare il diritto di difesa, come sostiene parte attrice.

Significativo, nei termini ricostruttivi appena riferiti, si rivelano gli enunciati della Corte di Cassazione in materia arbitrale, il cui parallelismo logico giuridico è senza dubbio di ausilio interpretativo.

Invero il nucleo concettuale dirimente sta nella diversa funzione affidata ai nuovi istituti della negoziazione assistita e della mediazione, analogamente, sotto questo profilo, alla distinzione che corre, rispettivamente, tra arbitrato irrituale e arbitrato rituale; al riguardo la Corte di Cassazione, con una sentenza-guida della tematica, così statuì: “Posto che sia l'arbitrato rituale che quello irrituale hanno natura privata, la differenza tra l'uno e l'altro tipo di arbitrato non può imperniarsi sul rilievo che con

il primo le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, ma va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., con l'osservanza del regime formale del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà. (Cass. Civ. sez. I. 2 luglio 2007, n. 14972).

Ebbene, solo la mediazione assistita, risponde al criterio di terzietà, analogamente all’arbitrato rituale, ed in conseguenza analogamente deve ritenersi distintamente diretta la volontà delle parti che condizionano l’inizio del giudizio al previo esperimento della mediazione: non, dunque, il ricorso ad un atto di natura meramente negoziale la cui esecuzione è lasciata al libero adempimento della parte (in parallelo ulteriore all’arbitrato irrituale) bensì la scelta verso un atto idoneo a vincolare l’accordo raggiunto mediante l’idoneità a rendersi esecutivo a prescindere dall’adempimento e, qui il disrimen, attraverso l’opera effettiva di un soggetto terzo (e qui il parallelismo con l’arbitrato rituale).

Precisamente, si deve considerare che nelle materie in cui è prevista la mediazione obbligatoria ben possono le parti scegliere preliminarmente di avvalersi della negoziazione assistita, sebbene in caso di fallimento siano tenute a rispettare la condizione di procedibilità prevista espressamente per la materia controversa; ebbene, lo stesso, allora, deve ritenersi nel caso contrario, quando, cioè, la mediazione non sia obbligatoria ma le parti la abbiano espressamente indicata come condizione di procedibilità, dovendo ritenersi nella disponibiità delle parti medesime la subordinazione della lite alla previa sottoposizione del rapporto controverso ad un terzo come condizione di procedibilità di cui all'art. 5, comma 1 bis, del d.lgs. n. 28/2010.

Infatti, è stato dato ingresso -nel modulo operativo processuale, all’indomani della vigente coesistenza dei nuovi istituti- alla utilizzabilita’ di detti strumenti alternativi anche in via meramente facoltativa dalle parti, e, dunque, può accadere che ad una mediazione fallita segua un tentativo di negoziazione assistita o, viceversa.

L’esito della controversia, unitamente alla novità delle questioni come connotato necessitato della novità degli Istituti di risoluzione alternativa delle controversie, giustifica ampiamente la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni diversa, istanza, eccezione e deduzione così provvede:

a. Dichiara improcedibile la domanda;

b. Compensa le spese processuali.

Roma, 10 ottobre 2017

Il giudice

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